di Luigi Milani, “Onda Rock”, aprile 2021
A sorpresa, lo scorso 26 marzo è approdato sui nostri riproduttori digitali (ma anche analogici, visto che è disponibile anche su vinile), Acoustica (Codex Metastasio Post Box), il nuovo album di Rodolfo Montuoro, artista che persegue da tempo un suo coraggioso e per certi versi intransigente ideale musicale e artistico, in barba alle leggi commerciali. A circa tre anni di distanza dal precedente Voices, questo nuovo lavoro è infatti destinato a spiazzare ancora una volta l’ascoltatore.
L’artista non è nuovo a operazioni ardite – qualcuno potrebbe anche definirle “da kamikaze” – fatte di inusuali contaminazioni tra differenti generi musicali, influssi cinematografici e suggestioni artistiche di varia natura. Tuttavia stavolta Montuoro si spinge oltre, superando la tipica struttura dell’album musicale, per regalare invece all’ascolto dieci brevi brani per un totale di circa 25 minuti, quasi dei frammenti sonori di un universo più vasto, inevitabilmente sfuggente all’orecchio distratto del tipico ascoltatore “da playlist”. Ma del resto non è certo quest’ultimo il destinatario delle composizioni firmate da Montuoro, nelle quali la chitarra acustica del cantautore milanese si sposa con l’elettronica e le atmosfere mai invadenti del vulcanico Maurizio Marsico, musicista e sperimentatore estremo anch’egli, vecchia conoscenza di Montuoro e di “Onda Rock”, qui presente per la prima volta come spericolato compagno d’avventura musicale. Qualcuno potrebbe legittimamente paventare il rischio di una sterile operazione concettuale, ma, anche grazie al sapiente intervento di Marsico, che in qualche misura equilibra una certa innegabile vocazione elitaria di Montuoro, il pericolo della noia, sempre in agguato in operazioni “alte” come questa, è evitato. Le sue orchestrazioni, con atmosfere a volte sognanti, altre malinconiche e oscure, fanno ben risaltare il canto e la melodia, alla quale Montuoro non rinuncia neanche in questa sua ultima fatica. Ne scaturiscono canzoni di rarefatta bellezza – penso alla traccia numero 3, ad esempio – che catturano l’ascoltatore e lo invogliano a ripetuti, a mio avviso necessari, ascolti. Oppure la traccia seguente, una canzone da moderno chansonnier, scandita dal fischio quasi morriconiano di Montuoro. Difficile comunque segnalare un brano, pardon, un Codex, come li ha ribattezzati il loro autore, più riuscito di un altro: personalmente a un primo ascolto ho trovato particolarmente coinvolgente il “Codex 5”, caratterizzato da una tessitura musicale molto sofisticata, nella quale spicca una chitarra dal suono solenne, su effetti elettronici e percussivi che nel complesso mi hanno fatto pensare a certi lavori dei primi Genesis o delle Orme del loro breve periodo acustico. Sì, perché, pur nella voluta indeterminatezza di genere, a tratti l’amato progressive riaffiora qua e là, sia pur addolcito e spogliato del virtuosismo di stampo autoreferenziale che tanto ha nociuto a quella pur affascinante stagione musicale. Non meno interessanti i brani successivi, da “Codex 6”, anche questo all’insegna di un suggestivo suono di chitarra, a “Codex 7”, quest’ultimo con echi forse inconsapevoli dei primi Crimson. Sorprende, nel brano finale, “Codex 10”, dall’apertura ingannevolmente placida, l’intervento della soprano Anna Zoroberto, accompagnata da una chitarra sferzante che dà forza al finale, già notevole, dell’album. Acoustica è un album che va ascoltato e goduto nella sua totalità, come un unicum compatto per ispirazione e qualità compositiva, sia sul fronte dei testi che della musica. Quello che a un primo ascolto sembra minimalismo è al contrario espressione, volutamente frammentaria, di un disegno più ampio: la precisa volontà di superare quelle che Montuoro avverte come le ristrettezze dello schema canzone. È anche grazie a tale libertà di forma, orgogliosamente esibita, che l’artista milanese riesce a tradurre in musica e versi suggestioni provenienti da ambiti letterari contigui alla sua sensibilità: Dante, Metastasio, Ottiero Ottieri, Henri Barbusse, i cantori popolari baschi. Per concludere con un’annotazione tecnica, segnalo che l’album, disponibile in cd, vinile e digitale, è stato registrato in presa diretta, sempre all’insegna del minimalismo, con un Otari Mx80 a otto tracce presso lo studio personale di Andrea Tich a Milano.
Luigi Milani, “Onda Rock”, aprile 2021
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