di Jonathan Giustini
“Zelig della musica come pochi altri mai, Rodolfo Montuoro si diverte a confondere gli sguardi e a farsi cercare tra le note e le parole di un disco tra le produzioni più originali e stupefacenti che circolino oggi in Italia.”
Siamo nel regno della parola cantata. Battito e trucco sonoro. Nel solco di una contaminazione originalissima tra parola e musica. Il disco di Rodolfo Montuoro, a_vision, è una nuova tappa di potente prospettiva e visionarietà. Si parte da nitidi e nello stesso tempo evocativi paesaggi che vengono di volta in volta colorati da sonorità elettroniche, celtiche, jazz, tipiche di una certa raffinata world music che non disdegna il ricorso alle code tipiche dei madrigali. Ma sempre con l'intenzione, a volte anche spregiudicata, che la canzone torni a essere danza. a_vision si dimostra dunque, fin dalle prime tracce (L’attimo, Parole e Notti), un disco di raffinata suggestione, ricco di brani che creano delicate voragini di suono: International sea. Gorghi di musica capaci di risucchiarti nel loro avvolgente movimento. Si parte sempre da una forma e struttura reiterativi e poi, piano piano, ogni brano si allarga in volute concentriche per poi tornare al suo inizio melodico. I whistles, i fiati trattati, le cornamuse, i riff dei violini, il battere dei bouzouki alimentano la trance sotterranea presente in tutti i motivi, portando l’ascolto in una dimensione nuova che sfrutta la sua stessa lontananza per cambiare il senso alle cose: Odalische ed ostriche.
Rodolfo Montuoro si alza in volo e diventa lui stesso fantasma, artista in fuga, in fuga dalle Trappole. Guarda le cose del mondo da un altro spazio, dove la pioggia è stanca delle nuvole. Per poi tornare vicinissimo a invocare una commovente complicità. Destini che si cercano. Racconta anche lui di un moderno Ulisse in cerca di identità, di senso e di sopravvivenza.
Canzoni da camera, minimaliste eppure dalla prorompente forza: Mondi e città dell’universo. Nessuno sa di noi. Nessuno. Nessuno. Gesti, passi e voci di cristallo. Le nubi tornano sfinite nel tramonto. Cuori di notte. Anime vuote. Maree di lacrime. Conchiglie abbandonate. Dimmi chi sono nella mia vita e nella tua. Nascondimi. Strappami dal vento. Questo è quello che vede Ulisse. Canzoni come Nuvole, tra i brani cardini del disco: nuvole senza pietà.
Pop e word music fusi insieme secondo una lezione decisamente internazionale. Che cita Nick Drake come Sergio Endrigo. Tom Yorke come Domenico Modugno. Non disdegnando il trip hop, la club culture, il traditional.
a_vision è un disco che sale lentamente di intensità, giocando sul ritmo, su un tappeto percussivo che spiazza e affascina. Sono i Brividi che entrano sotto pelle e che rinviano alle allucinazioni di Blind Runner, altro brano ipnotico e misterioso, uno dei più intensi e inquieti. In questa ricerca Rodolfo Montuoro poi improvvisamente approda a Le città del Polo Nord e, tra portacenere che galleggiano e fantasmi che si fidanzano, tra cieli che si allontanano e giorni che si confondono, inventa una mazurca che sa di festa di paese e spiazza ancora di più. Là dove dovrebbe andare lontanissimo, è invece musicalmente dietro l’angolo di casa nostra, mimetizzato in una piccola orchestrina di paese. Si è spento il sole qualche tempo fa insieme ai neon e ai volti della luna / le mie astronavi sono vuote non tornano più / e io quanto tempo devo stare lontano? Come si racconta e ci interroga nell’ultimo brano del disco, a_vision.
Forse Rodolfo Montuoro è già partito per un altro suo segreto viaggio. Un’altra identità che tra breve potrebbe anche rivelarsi.
Zelig della musica come pochi altri mai, lui si diverte a confondere gli sguardi e a farsi cercare tra le note e le parole di un disco tra le produzioni più originali e stupefacenti che circolino oggi in Italia.
In questo racconto in musica, lo accompagna innanzi tutto Massimo Giuntini, già nei Modena City Ramblers, per la produzione artistica. Massimo è riconosciuto tra i più grandi virtuosi di cornamusa irlandese oggi in circolazione e, nel disco, suona magistralmente tutti gli strumenti della tradizione celtica. Si affiancano poi, a creare l’originale tessitura armonica e musicale, gli archi di Vieri Bugli (Whisky Trail) e il violoncello di Michela Munari (Quartetto Euphoria), le percussioni di Gennaro Scarpato (proveniente dal mondo di Edoardo Bennato) e poi ancora la voce dell'attore Andrea Biagiotti, la fisa di Massimiliano Fabianelli, il piano di Carlo Gnocchini, il sax di Daniele Malvisi, la batteria di Andrea Nocentini e le chitarre di Fabio Puglia. Uno stuolo di raffinatissimi musicisti che, suonando in presa diretta, creano una stratificazione sonora, ermetica e magica nello stesso momento. Per un disco che dev’essere conosciuto, ma soprattutto riconosciuto.
Jonathan Giustini (Radio Città Futura).
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