“Voices è un album sorprendente, ipnotico, seducente, talmente raffinato e stimolante che, per un attimo, avrei voluto disattendere ciò che siamo chiamati a fare e non realizzare alcuna critica dell’album, ma scrivere semplicemente ‘ascoltate questo capolavoro, io non oso dire nulla, non serve che dica nulla’.”
È di rara bellezza un disco come quello di Rodolfo Montuoro, di tale preziosa peculiarità che c’è voluto un lavoro di analisi molto più intenso, per non dire che, in fondo, ascoltarlo a iosa si è trasformata quasi in una necessità dello spirito.
Voices è venuto alla luce il 27 aprile 2018, per AiMusic, donando nuovamente parola a questo straordinario pensatore rock dopo anni di silenzio, e la sua nascita conferma l’estro senza freni di Montuoro.
Filo conduttore e, allo stesso tempo, luogo d’azione dell’album è la phonè, che già in embrione linguistico è sia voce che fenomeno sonoro e che, attraverso le undici diverse voci di Montuoro, esprime al meglio tale estensione strutturale ed emozionale.
Fall City apre e chiude questa storia, nella prima traccia accompagnata da un’anima musicale psycho elettronica, nell’ultima dal silenzio, sul quale domina la voce ammaliante del Truman Show, Roberto Pedicini.
Fall City, omaggio a David Lynch e ai segreti di quelle strade, rappresenta magistralmente l’arte che Montuoro vuole sprigionare in questo suo lavoro, tanto che, da subito, ricalcando le orme dell’immortale Carmelo Bene, tende l’attenzione al massimo, catapultandoci dentro a immagini interminabili, alle trame delicate dell’esistenza, ai significati profondi e complessi della voce che, appunto, diventa altro ed altro ancora.
La voce di Rodolfo è meno forte nel timbro, ma decisa ugualmente a conquistarci, ad intrappolarci in questo che non è un semplice disco rock, ma un’esperienza sensoriale, una commistione di teatro, vita, suoni, parole e bellezza. Samael è un pezzo eccezionale; amo il modo in cui Montuoro fonde e ‘si serve’ dell’arcangelo che, nella tradizione religiosa ebraica, è bene e male contemporaneamente e che diventa, fuori da essa, metafora della vita e della morte, del non vivo, baluardo testuale ed espressivo del pezzo.
Voices è un album sorprendente, ipnotico, seducente, talmente raffinato e stimolante che, per un attimo, avrei voluto disattendere ciò che siamo chiamati a fare e non realizzare alcuna critica dell’album, ma scrivere semplicemente ‘ascoltate questo capolavoro, io non oso dire nulla, non serve che dica nulla’.
Un encomio a Montuoro e ad ogni voce che ci ha regalato.
Maria Grazia Rozera, “Music Coast to Coast”, 2018.
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